Uno sguardo sulla situazione attuale.

Il gas e l’energia elettrica costituiscono merci/beni essenziali per fare fronte ai bisogni primari degli individui.

La salvaguardia dei beni primari costituiscono un diritto essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani ai sensi dell’art. 2 della Costituzione.

Il prezzo dell’energia elettrica dipende dal prezzo del gas, perché per la produzione dell’energia elettrica viene utilizzato il gas naturale. Quindi, se aumenta il prezzo del gas, aumenta a sua volta anche il prezzo di produzione dell’energia elettrica.

Nell’ultimo periodo si sta assistendo a un ingiustificato rialzo dei prezzi del gas e dell’energia elettrica, si rischia di sforare un costo annuo di 2.600 euro per una famiglia media.

Nel frattempo assistiamo ad una moltiplicazione dei ricavi da parte delle società che li commercializzano e/o distribuiscono e ingenti danni per gli utenti siano essi imprese o famiglie o singoli cittadini che, non potendo rinunciare ai beni essenziali alla vita di prima necessità, non possono neppure rinunciare all’energia elettrica e al gas vedendosi quintuplicare i costi.

Tutto ciò sta accadendo senza che siano mai stati resi noti i prezzi di acquisto da parte degli operatori e senza che gli enti preposti al controllo abbiano intrapreso azioni idonee a vigilare e a scongiurare eventi catastrofici per l’economia nazionale ma anche, e soprattutto, per l’economia di imprese e famiglie che rischia il collasso.

Un passo indietro. Come nasce il  prezzo del gas?

A partire dal 2003 il riferimento europeo per il prezzo del gas viene definito nel mercato virtuale olandese, dove viene venduto all’ingrosso, denominato Title Transfer Facility (TTF), indice della borsa olandese. Anche se gestisce solo una parte del mercato del gas in Europa, il TTF detta il prezzo in tutto il continente.

Le società finanziarie indicizzate in borsa che gestiscono il TTF sono Intercontinental Exchange (Ice) ed European Energy Exchange (Eex). La prima una società finanziaria statunitense che gestisce mercati e scambi finanziari e di materie prime, dal 2013 gestisce anche la borsa di New York ed è sostenuta da Goldman Sachs, Morgan Stanley, BP, Total, Shell, Deutsche Bank e Société Générale mentre la seconda, facente parte del gruppo Eurex, controllato da Deutsche Boerse, è una borsa merci regolamentata che possiede e gestisce diversi mercati (tra cui il TTF) per lo scambio di energia elettrica in Europa, Asia e Stati Uniti.

All’interno del mercato virtuale sono 148 gli operatori a contrattare tra produttori nazionali e internazionali, società di stoccaggio, distributori e operatori di rete dell’industria del settore.

I nomi italiani sono Eni, Enel, Edison, Hera, Sorgenia, Repower, Estra, Dolomiti Energia e piccoli trader. Poi ci sono le banche inglesi come Goldman Sachs, Morgan Stanley e i grandi trader Gunvor, Trafigura, Glencore, Vitol, major come Shell o Danske.

Il TTF offre due opzioni principali per i trader: si possono concludere accordi destinati alla consegna e al consumo immediati di gas (c.d. spot) o firmare i cosiddetti “futures”.

Su questo mercato il venditore e l’acquirente pattuiscono un prezzo, ma la consegna e il pagamento avvengono in un momento successivo, anch’esso specificato nel contratto. In quest’ultimo caso le speculazioni sono maggiori poiché al momento del pagamento e della consegna il prezzo indicizzato può essere maggiore o minore del prezzo effettivamente pattuito al momento della contrattazione.

Per quanto riguarda il mercato italiano del gas sia in relazione al mercato libero sia al mercato di maggior tutela (PFOR) il parametro di riferimento è sempre lo stesso: il prezzo stabilito dal TTF.

Quanto all’energia elettrica, almeno per quanti non sono dotati di impianti propri, neppure proporre l’utilizzo di green energies è una valida alternativa risolutiva poiché i trader di energia da fonti rinnovabili che forniscono energia 100% green propongono tariffe indicizzate che seguono l’andamento del PUN, che è il prezzo unico di riferimento dell’energia elettrica rilevato sulla borsa elettrica italiana che, chiaramente risente del prezzo del gas.

Quali sono le aziende che stanno guadagnando dall’aumento del prezzo del gas?

ENI S.p.A. azionista di controllo è il Ministero dell’Economia e delle Finanze in forza della partecipazione detenuta sia direttamente sia attraverso Cassa Depositi e Prestiti SpA (CDP SpA). Detiene infatti il 30,62 % delle azioni ordinarie.

Enel S.p.A. azionista di controllo è il Ministero dell’Economia e delle Finanze possedendo il 23,6 % delle azioni ordinarie.

Dall’incremento ingiustificato e non controllato dei prezzi del gas ne stanno beneficiando la borsa olandese, le società di gestione dei mercati virtuali, i traders e quindi anche gli azionisti.

Da notizie pubblicate su La Repubblica “Eni nell’ultimo trimestre 2021, rispetto al periodo precedente, ha conseguito un utile del +3.870% pari a 2 miliardi di euro, sempre Eni nel primo trimestre del 2022 ha conseguito un utile del +670% per 7 miliardi di euro“.

      Perché il prezzo del gas è ingiustificato?

Il prezzo è ingiustificato poiché la diminuzione dell’offerta data dalla chiusura dei rubinetti del gas russo comparata all’aumento della domanda non giustifica in un anno l’aumento del prezzo quadruplicato.

      Oltre al gas e all’elettricità aumentano in modo ingiustificato anche i carburanti.

Il prezzo di benzina e diesel continua ad aumentare, la situazione si complica visto il ripristino delle accise da parte del Governo Meloni.

Eni già durante il Governo Draghi con il taglio delle accise in vigore ha aumentato di 3 centesimi al litro i prezzi consigliati della benzina e di 2 centesimi al litro quelli per il diesel.

Il costo del petrolio (alla data del 14 marzo 2022) è di circa 102 euro il barile, nonostante sia aumentato nel mese precedente non è aumentato come il carburante. I primi di febbraio 2022 il prezzo del barile era di circa 92 euro e quindi è aumentato di circa 10,5%. Secondo le rilevazioni settimanali del Mise, aggiornate al 6 giugno, i prezzi dei carburanti sono tornati a salire, con la benzina che in modalità self ha raggiunto 1.940,54, circa 5 centesimi in più (+2,92%) rispetto alla settimana precedente. In netto rialzo anche il gasolio che, sempre al self, si attesta a 1.851,52 euro al litro, di oltre 3 centesimi (+2,14%).

Se guardiamo a luglio del 2008, periodo di forte aumento dei costi del petrolio,   il costo di un barile era di 145 dollari ma quello della benzina e del gasolio era di circa 1,52 euro.

I primi giorni del mese di febbraio 2008 il prezzo del barile era di circa 88 dollari e la benzina                 costava 1,38 euro (il gasolio circa 1,25 euro). Questo significa che a fronte di un aumento del costo del petrolio di oltre il 90% c’è stato un aumento di circa il 10% per la benzina e di circa il 20% per il gasolio. Non del 40/50% come accade oggi.

Palesi quindi sembrano le violazioni sulle regole della concorrenza e del mercato.

Chi dovrebbe vigilare sull’andamento dei prezzi?

ARERA – Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente.

Svolge attività di regolazione e controllo nei settori dell’energia elettrica, del gas naturale ed altri.

AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO (AGCM).

È un’autorità amministrativa indipendente che ha competenze nella tutela della concorrenza.

Pertanto in tutti i casi esaminati in cui si profila speculazione, cartello dei prezzi degli operatori e assenza di trasparenza del mercato, l’AGCM non solo ha competenze di vigilanza ma anche di intervento quantomeno sanzionatorio.

GARANTE PER LA SORVEGLIANZA DEI PREZZI, chiamato Mister Prezzi, è stato istituito dal MiSE ed ha una funzione di controllo e verifica per arginare i fenomeni speculativi.

Tutti questi soggetti non hanno svolto i compiti di controllo che appartengono loro.

Cosa ha fatto i governi Draghi e Meloni per porre un freno alla speculazione?

A  livello governativo è stata adottata la tassazione degli extra-profitti. Il problema è che si tassano le aziende l’anno successivo alla realizzazione degli extraprofitti arrivando in colpevole ritardo rispetto alla sofferenza immediata delle famiglie che perdono il loro potere d’acquisto oggi, non domani.

Ma soprattutto perché le norme che hanno previsto la tassazione degli extra profitti non sono state rispettate dalle aziende destinatarie.

Infatti, il Presidente del Consiglio Draghi il 4 agosto 2022 in conferenza stampa ha denunciato il mancato versamento della tassa sugli extraprofitti che per il 40% doveva essere versata entro il 30 giugno 2022 per un importo totale di 10 miliardi di euro, il che avrebbe una rilevanza sotto il profilo dei reati fiscali. Il Governo Meloni nell’ultima Legge di Bilancio ha introdotto un contributo di solidarietà temporaneo per le imprese energetiche. Il contributo è dovuto solo se almeno il 75% dei ricavi dell’esercizio 2022 deriva dalle attività di produzione o rivendita di: energia elettrica, gas metano, estrazione del gas naturale, prodotti petroliferi. Il contributo non è dovuto dai soggetti che svolgono l’attività di organizzazione e gestione delle piattaforme per lo scambio dell’energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché delle piccole e micro imprese che esercitano l’attività di commercio al dettaglio di carburante per l’autotrazione identificata dal codice ATECO 473000.

Il contributo è determinato applicando l’aliquota del 50% sull’ammontare del reddito complessivo determinato ai fini IRES relativo al periodo d’imposta 2022, che eccede per almeno il 10% la media dei redditi complessivi conseguiti nei quattro periodi imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022.

      In cosa consiste la denuncia degli avvocati di Abaco?

Sostengono che il mercato interno è stato gravemente turbato dagli artifici speculativi e dalle “false” ragioni divulgate dagli operatori economici che giustificherebbero da sole il rialzo dei prezzi, effettivamente verificato (art. 501, comma 2, c.p.) anche in relazione al rincaro di merci comuni e di largo consumo, come il gas naturale e l’energia elettrica (art. 501, comma 3 n. 2) c.p.).

Chiaramente di queste condotte ne risponderebbero anche gli enti che hanno l’onere di vigilanza e che nulla hanno compiuto per evitare che ciò accadesse, rispondendo del resto in forma omissiva ai sensi dell’art. 40 comma 2 c.p., con riferimento alle condotte dell’ARERA e dell’AGCM.

Per gli operatori che commercializzano i beni e che ne stanno traendo ingiustificatamente extra profitti esorbitanti occultando il prezzo di acquisto del bene e compiendo manovre speculative si configura, secondo i nostri legali,  il reato stabilito dal 501 BIS(manovre speculative sulle merci). Inoltre ritengono che ci sia stata truffa secondo l’art. 640, secondo comma, n. 2-bis C.P, perché le aziende di erogazione e di distribuzione dell’energia hanno deliberatamente gonfiato i prezzi di gas e di petrolio per massimizzare i loro profitti  producendo un danno economico per i fruitori del servizio.

Chiedono quindi di acquisire o di sequestrare i documenti relativi agli extraprofitti degli operatori economici, agli utili del MEF e di Cassa Depositi e Prestiti, alle comunicazioni relative alla formazione dei prezzi da parte del MISE.

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