RINNOVIAMO gli equilibri globali per cambiare tutto!

Ci avviciniamo all’inizio della trentesima scadenza in cui le “parti” (i principali attori mondiali – governativi, economici e movimenti) si confrontano, cercando di trovare un accordo e delle scadenze sulle azioni da intraprendere per fermare la crisi climatica.

Nate con questi intenti, abbiamo visto come in trent’anni di consapevolezza globale dei rischi legati all’aumento delle temperature dato dalle emissioni climalteranti, siano stati di volta in volta stabiliti in questi consessi obiettivi insufficienti a scongiurarli, obiettivi peraltro di volta in volta disattesi.

Questo dal momento che le soluzioni formulate e gli strumenti messi in campo sono sempre stati a capo delle “parti” privilegiate nella conferenza: governi occidentali e attori privati – gli stessi che hanno prodotto la crisi climatica e che oggi ci portano alla guerra, la manmaia definitiva sui piani di sostenibilità timidamente avanzati gli anni scorsi.

A 10 anni dalla Conferenza di Parigi, l’obiettivo stabilito di rientrare in 1,5 gradi di aumento medio globale delle temperature è ormai sforato, mentre gli Stati Uniti escono dagli Accordi e l’AD di Leonardo, Cingolani, esprime candidamente l’indirizzo europeo, per cui il Green Deal è ad oggi superato.

Dice Gutierrez, segretario delle Nazioni Unite: “Bisogna riconoscere il nostro fallimento”, ma evidentemente un’Unione Europea che ha basato la propria narrazione di superiorità morale nel mondo e all’interno dello stesso Occidente non vuole accettarlo: “Siamo sulla buona strada per raggiungere il nostro obiettivo per il 2030” secondo la Von der Leyen, ma gli 800 miliardi di spesa per riarmarsi dicono altro.

E infatti non si parla più di come scongiurare l’irreversibilità dei cambiamenti climatici, se ne prende atto e si elaborano “strategie di adattamento”. A questo proposito l’intervento di Bill Gates verso la COP è chiaro: il cambiamento climatico non minaccia la fine della nostra cività, così come la temperatura non è il modo migliore per misurare il progresso climatico. La ricetta: nuovi investimenti, come quelli nel settore nucleare, che promette essere la panacea alla crisi climatica.

Dal canto nostro, sappiamo bene perché gli strumenti di “aiuto” nei confronti dei Paesi del Sud Globale messi in campo finora hanno fallito: ricordiamo che quasi due terzi dei finanziamenti erogati dai Paesi ricchi sono stati erogati sotto forma di prestiti, spesso a tassi di interesse standard senza agevolazioni. Nel 2022, i paesi in via di sviluppo hanno ricevuto 62 miliardi di dollari in prestiti per il clima. Nel rapporto del CARE viene stimato che tali prestiti porteranno a rimborsi fino a 88 miliardi di dollari, con un profitto del 42% per i creditori. Insomma, un meccanismo di strozzinaggio da parte del Nord che fa temere anche per il Tropical Forest Forever Facillity (appoggiato principalmente da Francia, Germania, Norvegia e Regno Unito) proposto per la COP 30, con fondi da investire prevalentemente in Titoli di Stato dei Paesi candidati a usufruirne.

E la proposta di uno degli uomini più ricchi del Mondo come Bill Gates, venuto a perorare i propri interessi economici e complicità politiche anche di fronte all’urgenza del cambiamento climatico, dimostra ancor più che questo Occidente arriva alla COP di Belém senza alcuna credibilità, anche rispetto a quei movimenti ambientalisti di cui si sono posti più volte come interlocutore privilegiato. Assistiamo invece alla nascita di un dibattito che mette sempre più al centro il Sud del Mondo e la sua necessità di svincolarsi da questi meccanismi, che non sono mai stati rappresentativi della volontà o degli interessi della maggior parte della popolazione mondiale.

Intervento a cura di Ecoresistenze x Cambiare Rotta
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