Pronto Soccorso, unica modifica: l’aumento delle aggressioni!
Il pronto soccorso è il cuore del sistema sanitario, è un indicatore formidabile dello stato di salute dell’intero sistema. Il suo sovraffollamento e il conseguente blocco delle prestazioni sono il segnale del degrado strutturale e funzionale della sanità nazionale. Le misure propagandistiche improvvisate e pasticciate ne aggravano le difficoltà e introducono elementi di privatizzazione devastante come i medici gettonisti o le case di comunità costruite e chiuse. Eppure dovrebbe reggere l’impatto di 20 milioni di accessi come nel 2023 al netto dell’imminente giubileo.
Le aggressioni al personale sanitario sembra stiano diventando l’unica forma di relazione con le strutture sanitarie e i pronto soccorso in particolare. Sicuramente sono il segnale della rottura del rapporto tra utenti e sanità che individua nell’ospedale un luogo da cui difendersi anziché un luogo in cui si viene curati. È la conseguenza della difficoltà dell’intero sistema sanitario, pubblico e privato, di dare risposte ai bisogni di salute della popolazione. Per cui il diritto alla cura e alla guarigione va preteso a forza altrimenti il sistema resta sordo alle proprie esigenze di salute. La risposta non può essere securitaria con l’introduzione di nuovi reati e flagranza differita, ma intervenendo sui reali problemi dei pronto soccorso e delle strutture sanitarie più in generale.
Ma quali sono i problemi dei pronto soccorso che la politica non vuole vedere e cerca capri espiatori all’esterno del sistema, una volta la pandemia, un volta l’influenza poi sarà il giubileo e così via. In realtà i mali dei pronto soccorso nascono all’interno del sistema, alla mancanza di governo dell’esistente e di programmazione seria del futuro, senza nulla togliere alla volontà politica liquidatoria del diritto alla salute (privatizzandolo) e quindi della conseguente funzionalità del sistema sanitario.
Il sovraffollamento non nasce da una particolare affezione degli utenti per i pronto soccorso ma dal deserto sanitario del territorio e dallo stato precario in cui l’aziendalizzazione ha ridotto gli ospedali. I punti di crisi individuati dalla nostra campagna nazionale su SANITÀ E SALUTE possono riassumersi in:
TERRITORIO :
- Non esiste una rete di posti di primo soccorso capaci di intervenire risolvendo problematiche possibili e procedendo alla stabilizzazione del paziente in modo da facilitare e velocizzare il successivo intervento del pronto soccorso.
- Le guardie mediche, quando sono operanti, sono inadeguate per mancanza di personale, strumentazione e presidi sanitari e non sono in grado quindi di prendere in carico il paziente. Conseguenza rivolgersi al pronto soccorso.
- I medici di base, tra l’altro sempre più rari, svolgono un lavoro amministrativo relegati a semplici firma carte per conto di regione, asl e specialisti. Gli studi medici non sono spesso attrezzati con strumentazioni (elettrocardiografo, ecografo e così via) e si imitano ad una visita formale appena mediata da un computer. Il problema se debbano essere assimilati al SSN come dipendenti o rimanere professionisti convenzionati è diventato un interessante dibattito ma può avere solo una soluzione in favore del rapporto dipendente all’interno del progetto delle cure primarie. La pretesa di costringerli a lavorare nelle case di comunità mimando un rapporto di lavoro dipendente non ha certo molto senso se non quello di consentire di affermare che sono aperte. La rarefazione dei medici di base, anziché stimolare una profonda riforma del servizio sta determinando, attraverso le visite su appuntamento, ulteriori liste di attesa negli studi medici.
- Le Case di Comunità rischiano di diventare un semplice differimento del sovraffollamento dei pronto soccorso e continuano a operare secondo una medicina di attesa a richiesta del paziente senza alcuna possibilità e capacità di diventare interattiva con la popolazione.
L’assistenza territoriale è diventata un semplice slogan inefficace che serve a giustificare misure tampone altrettanto inefficaci. Quello a cui sarebbe necessario lavorare è la costruzione del SISTEMA DELLE CURE PRIMARIE con pari dignità delle cure ospedaliere creando una sanità di prossimità, interattiva e vicina ai bisogni sanitari dei cittadini. Un modello a cui siamo chiamati dalla dichiarazione di Alma Ata del 1978, ignorata e calpestata dai vari governi.
OSPEDALI E PRONTO SOCCORSO:
- Il processo di aziendalizzazione e di finanziamento attraverso i DRG ha dimostrato non solo la sua inefficacia ma la sua dannosità per la funzionalità del sistema. Non ha ridotto le spesa e gli sprechi, anzi ha moltiplicato i centri di spesa, ha spinto gli ospedali a inseguire le prestazioni più remunerative abbandonando il resto. La necessità di ridurre la spesa ha portato ad una contrazione dei posti letto, di interi reparti e interi ospedali, soprattutto quelli di prossimità che ora si vorrebbe riesumare in qualche modo (ospedali di comunità). Così si è determinata una sempre più ristretta disponibilità di servizi a cui ha corrisposto una significativa riduzione del personale.
- La carenza di posti letto negli ospedali è uno dei fattori di crisi dei pronto soccorso diventati aree di sosta per pazienti senza letto per un ricovero in reparto. Nel 2022 sono attivi 308 posti letto per 100.000 abitanti a fronte di una media UE di 516 posti letto per 100.000 abitanti. La conseguenza sono il blocco delle ambulanze che si vedono requisite le barelle trasformate in posti letto provvisori e il difficile svolgimento delle attività programmate fino ad arrivare alla loro sospensione per utilizzare i posti letto ad esse dedicati. Una rivisitazione delle reti ospedaliere in funzione delle evidenze epidemiologiche dei territori sui quali operano le strutture è sicuramente indispensabile. Ma il problema non è un piano faraonico di super ospedali la cui costruzione richiede anni rischiando di arrivare a compimento già superati dalle innovazioni. Se l’errore è stato tagliare i posti letto, per dare una risposta emergenziale sarebbe opportuno dirottare le risorse destinate alla costruzione di improbabili mega ospedali sulla riapertura delle strutture ospedaliere inopinatamente chiuse. Una diversa rete ospedaliera non più funzionale agli interessi delle università e dei loro policlinici il cui strapotere e l’abnorme assorbimento di risorse sono alcuni dei fattori della crisi delle strutture ospedaliere regionali.
- Un altro dei problemi del sovraffollamento sono le dimissioni diventate sempre più veloci tanto da diventare precoci e in condizioni di salute precarie, tanto è che 1 paziente su 3 rientra nello stesso pronto soccorso o in quello di un altro ospedale. Non esiste continuità assistenziale tra ospedale e territorio e come abbiamo visto non esiste sanità territoriale.
- Manca una diversificazione dei percorsi diagnostici nel pronto soccorso, per cui diventa un porto di mare assemblando utenti con gravi problemi ad altri che non li hanno, ma ritengono di avere. I codici argento per gli anziani, spesso non autosufficienti, come i codici rosa, o la gestione dei codici bianchi differenziata, coinvolgendo i reparti di competenza, può dare risposte più rapide ed adeguate.
- Manca la gestione delle sale di attesa dei pronto soccorso con un front office capace di dare informazioni puntuali senza attese interminabili per avere notizie dei propri cari. Gestire nello stesso tempo le relazioni con i parenti e garantire un’attesa in comfort per i pazienti, rispettando i diritti e la dignità di ciascuno.
- I progetti e le risorse individuate per la sanità nel PNRR sono tutte dedicate a processi di digitalizzazione poco credibili o alla costruzione di case di comunità che resteranno vuote perché senza personale. Il risultato sarà l’affidamento ai privati per una sanità in franchising.
- La carenza di personale è strutturale, ricercata pervicacemente come forma di contenimento della spesa, è un’emergenza nell’emergenza. Servono contratti capaci di valorizzare il personale, riconoscere l’autonomia professionale e consentirne l’esercizio, porre fine al precariato e soprattutto risolvere il problema del doppio rapporto di lavoro abolendo la libera professione.
Il mancato intervento su questi aspetti, non secondari, potrebbe materializzarsi come primo reale intervento di soluzione dei problemi che determinano il sovraffollamento dei pronto soccorso. È evidente che c’è necessità di un piano straordinario di intervento finanziario perché pronto soccorso e sistema sanitario sono l’unico ponte per la vita.
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